martedì 16 dicembre 2008

Vita, disporne liberamente

IL FATTO:

Il filosofo cattolico Vittorio Possenti, membro del Comitato Nazionale di Bioetica e della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, critica l’idea - portata avanti dal Vaticano - che la vita sia “indisponibile”, con un articolo su “Il Foglio”.

In questo intervento affronto tre problemi: 1) quale fondamento possiede l’assunto che la propria vita è assolutamente indisponibile? 2) nel rapporto tra Persona e Tecnica (medica e biologica) non stiamo entrando in una zona di rischio e confusione? 3) esiste un obbligo assoluto di curare e di curarsi a qualsiasi costo? Basta aver articolato le domande per coglierne l’onnipresenza nei dilemmi biopolitici dell’ora, concernenti la futura legge sulla fine della vita, la portata delle indicazioni anticipate di trattamento, il rapporto medico-paziente, il dettato della nostra Costituzione in merito.

1) Nell’eccitata discussione in corso da anni, e ultimamente infiammatasi, in ordine ad una legge che stabilisca alcuni (pochi) criteri per la fase finale della vita, decisiva è la questione se la propria vita sia entro certi limiti disponibile o viceversa totalmente indisponibile. Quale che sia la risposta, essa deve essere sostenuta da argomenti riconoscibili e sottoposti ad esame. Vale la pena di sottolineare che si tratta della propria vita, non di quella altrui che in linea di principio è e rimane indisponibile: anche questo supremo criterio non è senza eccezioni, potendo lo stato domandare per motivi di difesa e di solidarietà sociale il sacrificio della vita dei cittadini in vista del bene comune, come accade nelle guerre presumibilmente giuste. In Italia vi sono culture che sostengono che la propria vita è sotto certe condizioni disponibile per il soggetto, ed altre che viceversa ritengono che la propria vita sia un bene del tutto indisponibile e che addirittura la nostra Carta costituzionale abbia stabilito una volta per tutte tale indisponibilità.
I sostenitori della prima posizione dicono ‘la vita è mia e la gestisco io’, un’affermazione diversa da quella che dice ‘l’utero è mio e lo gestisco io’, poiché nell’utero ci può essere un altro che non sono io. Al contrario la seconda posizione ritiene che il soggetto non abbia diritto a decidere sulla propria vita: non spetterebbe alla persona stabilire alcunché sulla fine della propria vita, né sussisterebbe un diritto ad essere ascoltato in merito. La prima tesi è in genere diffusa tra la cultura laica e liberale, l’altra sembra oggi prevalente nella cultura cattolica e cerca ultimamente di imporsi come indiscutibile attraverso una martellante ripetitività.
Su questi temi rifiuto il termine ‘testamento biologico’, infelice tanto dal lato del sostantivo poiché la vita non è un bene patrimoniale cui solo si applica il concetto di testamento, quanto dal lato dell’aggettivo in quanto la vita umana eccede l’elemento biologico. La disponibilità/indisponibilità della propria vita non va commisurata con lo status di un bene patrimoniale, ma di quel supremo ‘bene vita’ che rimane misterioso nonostante le invasioni della tecnologia e in cui è legittimo ascoltare la volontà del singolo, poiché non si tratta di un bene esclusivamente biologico ma spirituale e personalistico. Naturalmente in questa determinazione entra in maniera forte il rapporto della persona con la trascendenza: una prospettiva religiosa valorizza di primo acchito il rapporto dialogico con Dio entro cui viene considerata la propria vita. Viceversa una prospettiva religiosamente agnostica non possiede un’alterità trascendente con cui entrare in rapporto: la partita si gioca nella volontà del soggetto all’interno di un rapporto ‘orizzontale’ con se stessi e i simili.

La questione dell’autodeterminazione va impostata in modo coerente con l’idea di persona e l’antropologia del personalismo. Noi non siamo né il nostro genoma (tesi biologistica e materialistica) e neppure siamo solo la nostra libertà (tesi libertaria): siamo esseri dotati di anima intellettuale che include in sé quella sensitiva e vegetativa, e l’anima è più che la libertà.

La vita umana e la persona umana hanno valore non soltanto in quanto vita di un essere libero (di modo che sospesa la sua libertà la persona non sarebbe più tale), né in quanto vita biologica, ma appunto in quanto vita di un essere dotato di anima spirituale che è compos sui. In tal senso spetta alla persona decidere, e non perché – ripeto – l’affermazione dell’autodeterminazione dia fiato ad un’antropologia libertaria (o la sua negazione ad un’antropologia biologistica). Lo specifico personale sta nel sinolo individuale e irripetibile tra anima e corpo, per cui la persona è anima incorporata o corpo vivificato dall’anima.
Posizioni teologiche accreditate presentano la vita come un dono di Dio che a lui appartiene, di cui il soggetto non ha alcuna disponibilità. Deve allora trattarsi di un dono sui generis poiché ogni dono appartiene al donatario e non più al donante, per cui meglio sarebbe parlare della vita come bene dato in impiego responsabile al soggetto. Di fatto poi le considerazioni religiose a favore dell’assoluta indisponibilità della propria vita si muovono su un terreno etico-giuridico. Numerosi giuristi (cattolici) osservano che autodeterminarsi ha un valore, poiché la persona è dotata di libero arbitrio e padrona dei suoi propri atti, e che esiste un diritto costituzionale all’autodeterminazione – ad es. quello al rifiuto/rinuncia di trattamenti sanitari – ma che tale diritto ha dei limiti che conviene fissare. Naturalmente tutto si gioca sul modo con cui vengono fissati tali limiti. Non si può che concordare quando si chiede che nell’autodeterminarsi il soggetto non rechi danno agli altri, e quando si sostiene che ogni vita umana è sempre dotata di dignità. Per esemplificare, tale dignità è pari in Eluana in condizione di grave disabilità ed in me passabilmente sano: conseguentemente occorre prendersi cura di chi è fragile, non abbandonarlo. Ma il riconoscere la dignità della vita ferita da salvaguardare non contraddice la liceità di autodeterminarsi in vicende di fine vita e di cure salvavita, che appunto possono essere accolte o rifiutate. Ancor meno rilevante è l’argomento secondo cui l’autodeterminazione, nel caso in cui decida a favore del rifiuto/rinuncia a trattamenti salvavita, opera per indebolire socialmente il diritto alla cura. Questo atteggiamento non lede il diritto del malato che intenda essere curato sino all’estremo limite del possibile e ricorrendo a tutte le risorse del sistema sanitario e della tecnologia medica. In realtà il dovere di cura dello stato rimane intatto e parimenti il diritto del malato di non essere lasciato solo e di venire consolato.

Ripetere che la propria vita è totalmente indisponibile non fa avanzare il problema ma blocca una saggia ricerca di soluzione. Il blocco dipende dal fatto che sul piano razionale il criterio di un’assoluta indisponibilità della propria vita non è fondato. Diverso appare il discorso della fede che non possiamo dare per valido in modo cogente per tutti. Notevole per la sua implausibilità appare poi l’assunto che l’indisponibilità della propria vita sarebbe un chiaro dettato della nostra Carta. E’ lecito nutrire molti dubbi sull’assunto. Forse si può ricordare per affinità che la nostra Carta lascia il suicidio in un’area non rilevante costituzionalmente. Pertinente è invece il dettato dell’art. 32: “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. In tal senso la legge non potrà rendere legale l’eutanasia, che contraddice la dignità della persona, ma potrà rispettare chiare indicazioni di trattamento.

Rimane comunque aperto l’interrogativo sull’accertamento della reale volontà del paziente. Problema difficile che sposta la questione da una controversia sul criterio della disponibilità/indisponibilità della vita alla questione di come effettivamente verificare quale reale volontà di cura o non cura sia stata emessa dal soggetto. La difficoltà è multipla: non solo quella di accertare che cosa ha veramente chiesto in modo documentato e obiettivo il soggetto in passato, ma quale sarebbe attualmente la sua volontà se potesse esprimersi ora, e quale valore si dovrebbe dare alla volontà espressa nella situazione presente, dato che la volontà in situazione può essere alterata da paura, angoscia, sofferenza, ritorno del desiderio di vivere.

2) Il secondo interrogativo riguarda il delicatissimo rapporto tra Persona e Tecnica. Reputo necessario integrare l’art. 3 della Dichiarazione universale sul diritto alla vita con l’aggiunta: “dal concepimento alla morte naturale”. Poi mi interrogo: che cosa significa oggi morte naturale? Non sta la Tecnica mutando la morte naturale in morte artificiale? Un tema urgente da pensare e poco approfondito anche da parte di vedette di vario genere. Ci troviamo spiazzati perché esiste una sottovalutazione della sfida posta dalla Tecnica alla Persona. La Tecnica rischia di diventare la nostra signora e padrona, quella che ci detta che cosa dobbiamo pensare e operare, quello che dobbiamo osare, quello che è obbligatorio fare o non fare; insomma la Tecnica come la nostra guida più vera e sicura, quella che ci offrirà salute, immortalità corporea e saggezza. Essa ci offrirà la Vera Vita quaggiù, al posto dell’aldilà celeste sperato e atteso. Sotto la sua guida nulla ci è risparmiato, neppure l’idea che occorra dilazionare senza fine il morire in attesa che la scienza inventi nuove tecniche di rivitalizzazione. Sembra che il vivere indefinitamente quaggiù sia diventato il bene supremo.
Una fiducia così larga è mal riposta, perché la tecnica è aperta sui contrari, può essere usata per il bene e per il male (lo insegnava già Aristotele). Non è di per sé né solo benefica né solo malefica. Essa cura ed essa uccide; mantiene la vita e la toglie. Sulla questione della tecnica l’attuale posizione della chiesa, o forse meglio di uomini di chiesa, non è esente da distonie. Si nutre una più che giustificata perplessità sulla tecnologizzazione delle fasi dell’inizio della vita, esprimendosi con ottimi motivi contro la manipolazione dell’embrione, la sua clonazione per qualsiasi scopo, il prelievo di cellule staminali embrionali, ma poi ci si affida troppo alla tecnica e alla macchina nelle fasi terminali, interferendo profondamente col processo naturale del morire. La macchina non può sostituirsi al Creatore né nella fase iniziale né in quella terminale della vita. Che senso ha una Peg inflitta ad un malato terminale in agonia per nutrirlo a forza? Negli hospice ai malati terminali di cancro nutrizione e idratazione possono essere sospese onde evitare un inutile prolungamento di un’agonia dall’esito comunque segnato.

Per rappresentarci la situazione dobbiamo tener presente che non pochi casi di coma vegetativo persistente sono l’effetto – inintenzionale ma realissimo – delle metodologie sempre più perfezionate e accanite di rianimazione e di terapie intensive, che non riescono a guarire ma solo a mantenere in vita. Questo elemento è ignorato da posizioni tese a riaffermare con toni vibranti l’assoluta indisponibilità della propria vita. In tal modo ci si pone in uno spazio di falsa sicurezza, che solleva dalla fatica di considerare le inedite possibilità di vita e di morte cui le nuove tecniche ci conducono. Neppure si considera che l’equipe medica che tenta il tutto per tutto per trattenere a qualunque costo, può operare un atto di maleficenza invece che di beneficenza verso il malato.

3) Anche il terzo punto è connesso al problema Tecnica. Non sussiste alcun dovere/obbligo assoluto di curare e di curarsi a qualsiasi costo, in particolare quando l’invasività crescente delle tecnologie mediche nella sfera corporea della persona travalica ogni forma di rispetto dovutole, e si fonde con una concezione accanitamente tecnologizzata della vita e della morte che viola i limiti imposti dalla dignità della persona umana. La disattenzione in merito proviene dal timore che ogni minima apertura sul rifiuto/rinuncia ai trattamenti sanitari aprirebbe la strada a prassi eutanasiche, indubbiamente da scongiurare. La depenalizzazione dell’eutanasia costituirebbe una tragedia non inferiore alla depenalizzazione e legalizzazione dell’aborto. Tuttavia chiarezza vuole che “diritto di morire” e “diritto al rifiuto/rinuncia a trattamenti sanitari” siano cose diversissime. Il “diritto di morire” è un falso diritto o un diritto che non sussiste, non perché sia contraddittorio ma in quanto è qualcosa che non è dovuto alla persona. Anche per questo non fa parte dell’elenco comunemente riconosciuto dei diritti umani. Ogni autentico diritto dà voce a quanto è dovuto al soggetto umano, esprime il suum che gli altri sono tenuti a riconoscergli. Alla base di ogni diritto non vi è la mera vita biologica, ma la natura umana e la persona umana. Se non esiste un diritto di morire, è ragionevole invece riconoscere al soggetto una sfera di autonomia nel modo di affrontare la morte in maniera naturale e non come un combattimento all’ultimo sangue. Se la morte è il massimo limite umano che va riconosciuto, l’interruzione del trattamento non vale come rifiuto della vita ma come accettazione del limite naturale ad essa inerente. Non si rinuncia alla vita, non si rifiuta la vita, ma si accetta di non potere impedire la morte o di non doverla ulteriormente procrastinare.
Naturalmente occorre prendere le distanze dall’abbandono terapeutico con tutte le sue tristi occorrenze, che tuttavia forse sono meno frequenti dei casi di accanimento terapeutico, cui spinge la medicina tecnologizzata. Più negativo dell’abbandono terapeutico è l’abbandono dell’accompagnamento, ossia la presenza di troppe macchine e di poche persone nell’itinerario di cura del malato che può sentirsi terribilmente solo.
Concludo. Non sussiste un diritto di morire, ma un diritto di rifiutare cure e terapie invasive, avvertite come particolarmente onerose, degradanti, anche se dall’esercizio di tale diritto scaturisse la morte. E’ sempre stato difficile, e particolarmente oggi, stabilire quando c’è o non c’è accanimento terapeutico, che purtroppo è come l’araba fenice: che ci sia ciascun lo dice, che cosa sia nessun lo sa. Da tale obiettiva difficoltà dovrebbero trarsi ulteriori argomenti a favore dell’espressione della volontà del paziente. E’ lui che deve dire quando la misura è colma.
Dall’insieme di queste considerazioni si ricava che il Parlamento ha dinanzi un compito immane e onorabile con estrema difficoltà nel preparare una legge sulla fine della vita. Una legge che non potrà che essere molto succinta e lasciare adeguato spazio all’interpretazione saggia e alla casistica concreta, affidata in ultima analisi al rapporto medico-paziente ed alle indicazioni anticipate di trattamento. Dell’estrema delicatezza del problema è segno il fatto che esso si trascina senza soluzione da diverse legislature.

Vittorio Possenti


COMMENTI PERSONALI:

Ma vi rendete conto? che analisi lucida, che belle parole dette da un cattolico, un'analisi che non avevo mai considerato!!!

Non avevo mai messo a paragone (ero troppo impegnato a trovare le piccole incoerenze per accorgermi di questa, assurdo) i divieti del vaticano nei confronti dell'uso della tecnologia nel concepimento o nella fecondazione con l'accanimento terapeutico ed il rifiuto all'interruzione dell'uso della tecnologia nel mantenimento in vita di malati terminali e non...

Queste sono grandi parole, che mettono a nudo un'altra forte incoerenza del vaticano: il rifiuto dell'intervento umano nel concepimento, in quanto contronatura, ed il divieto di lasciare che la natura faccia il suo corso quando la morte, in assenza di artifici, è inevitabile.

Che grande.

venerdì 12 dicembre 2008

Vaticano: no a depenalizzazione omosessualità, “crea parità con coppie eterosessuali”

I FATTI :

Il Vaticano si dice contro la criminalizzazione dei gay ma si oppone anche alla proposta di depenalizzazione. Padre Federico Lombardi, direttore della sala stampa vaticana, cerca di smorzare le polemiche: “Il documento della Francia non è stato ancora presentato e dunque bisogna chiarire di che cosa si tratta, perché nessuno ha pubblicato ufficialmente un testo. Per questo non è il caso di costruire polemiche su un oggetto che non è chiaro”.

Il cardinale Martino dichiara perentorio: “Si vorrebbe che la Santa Sede mettesse sullo stesso piano le coppie gay e quelle eterosessuali, posso assicurarvi che questo non accadrà”. Il prelato critica inoltre la promozione dei profilattici: “sappiamo bene che quello del preservativo non è un rimedio tuttofare, perché anche quello non è al cento per cento sicuro nella prevenzione”. Su questo tema insiste anche monsignor Giampaolo Crepaldi, segretario del Pontificio consiglio: “In Africa manca tutto ma non i preservativi: il problema è l’esercizio della sessualità, che non va staccato dalla persona, non è un atto meccanico, ma deve essere un’esperienza totale”.


COMMENTO:

l'esercizio della sessualità non va staccato dalla persona, non è un atto meccanico, ma deve essere un’esperienza totale.... mh, ed immagino che abbiate avuto infinite esperienze totali voi, per arrivare a questa conclusione, o pensano che il solo studio teorico possa significare la comprensione completa di un argomento, e dunque giustificare il loro continuo pontificare sul sesso, il loro voler insegnare il sesso.

E se domani studiassi teologia, divenissi un esperto e cominciassi ad INSEGNARE loro come professare la parola di Dio, come reagirebbero...

giovedì 4 dicembre 2008

UE contro la criminalizzazione dell'Omosessualità

I FATTI:

La proposta, è stata avanzata in occasione del 60esimo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, specificando che la presidenza UE francese, tutt'ora in carica, ha due priorità: i diritti delle donne, nello specifico fermare la violenza contro di esse, e combattere la discriminazione nei confronti degli omosessuali. “Novanta paesi nel Mondo criminalizzano l'omosessualità, e nove di questi impongono la pena di morte”, disse in quell'occasione Rama Yade. A proposito, anche il Ministro alle Pari Opportunità Mara Carfagna si espresse favorevole: “Sono pronta a sollecitare il nostro ambasciatore italiano presso le Nazioni Unite perché si faccia portavoce della richiesta della depenalizzazione universale dell'omosessualità”.
Ora la parola alle istituzioni, soprattutto quelle italiane che, si auspica, vogliano portare avanti la proposta UE in quanto paese aderente e soprattutto per le parole favorevoli e le promesse sollecitazioni del nostro Ministro Mara Carfagna.


(01/12/2008)
La Santa Sede boccia la proposta per depenalizzare il reato di omosessualita` a livello mondiale. `Creerebbe ulteriori discriminazioni`. La dura condanna di Arcigay `Studiata e cinica bugia`. Intanto Magdi Cristiano Allam tenta di portare il Vaticano nel Parlamento Europeo.


PARIGI - Non vogliamo creare nuove regole, ma l' omosessualità non può essere considerata un crimine come avviene in molti paesi: la Francia e la presidenza dell' Unione europea hanno reagito così alle proteste del Vaticano contro il progetto di dichiarazione che sarà presentato all' assemblea generale delle Nazioni Unite. Con cortesia, ma con grande fermezza, i diplomatici hanno respinto le obiezioni vaticane, ritenendole senza fondamento. Dichiarazioni che si sono aggiunte a quelle di molte associazioni, come la sezione italiana di Amnesty International, che hanno severamente criticato la presa di posizione della Santa Sede. La stampa transalpina non ha dato spazio alla polemica, mentre al quai d' Orsay non sono sfuggite le parole di monsignor Migliore e di padre Lombardi. E in quanto prima firmataria della dichiarazione, la Francia ha reagito per bocca di Eric Chevallier, il portavoce del ministero degli Esteri: «L' idea non è di creare una nuova regola giuridica, ma di creare, a partire dai testi esistenti, una dinamica in favore della depenalizzazione. Ci sembra una scelta che rispetta la giurisprudenza attuale e che ci sembra giusta sul piano etico e umano». Chevallier ha ricordato che circa novanta paesi hanno una legislazione che reprime l' omosessualità e una decina che la puniscono con la pena di morte. Il portavoce del quai d' Orsay ha precisato che questa «dichiarazione sull' orientamento sessuale e l' identità di genere», annunciata in primavera, è sostenuta da altri paesi «co-autori»: Argentina, Brasile, Gabon, Giappone, Norvegia, Croazia, Ucraina, Nuova Zelanda, Olanda. Sulla stessa linea, naturalmente, la presidenza francese dell' Unione europea. A Bruxelles, un portavoce ha sottolineato che l' omosessualità «non può essere considerata un crimine e tanto meno può essere punita con la prigione o la pena di morte». E' quindi necessario, ha aggiunto, procedere alla sua depenalizzazione. La dichiarazione, tuttavia, «non ha un carattere giuridicamente vincolante ed è stata sottoscritta, oltre che dai Ventisette, anche da molti altri paesi di tutti i continenti all' insegna della non discriminazione». Il mondo associativo, dal canto suo, continua a commentare molto negativamente la posizione assunta dal Vaticano sulla depenalizzazione. Ieri è stata la volta della sezione italiana di Amnesty, secondo cui la questione «chiama in causa i diritti umani. Tanto è importante la piena libertà politica, religiosa, quanto lo è affermare il proprio orientamento sessuale senza rischiare arresti, torture, pena di morte, forme gravi di discriminazione». Il portavoce di Amnesty Italia, Riccardo Noury, ha aggiunto che gli omosessuali, al di là delle leggi, restano una delle minoranze più colpite da «atteggiamenti diffusi di stigmatizzazione e di discriminazione».

CONSIDERAZIONI PERSONALI:

Che dire, sarebbero i primi ad usufruirne... :P heheheheh scherzi a parte, diamo per certo che TUTTI i preti cristiani sono osservanti del celibato, e che hanno TUTTI inclinazioni sessuali etero, la proposta non è quella di incentivare l'omosessualità, ma quella di impedire la persecuzione legale di una persona in quanto omosessuale.

allora a questo punto ho due considerazioni:

- la prima è il libero arbitrio, ogni uomo può decidere cosa fare della sua vita, può decidere se peccare o no, e quindi può decidere come vivere la sua sessualità, SOLO DIO può, una volta trapassato il povero peccatore, giudicarlo. La chiesa quindi dovrebbe essere a favore della proposta, in quanto rende reale quello che DIO stesso ha ordinato, ovvero che gli uomini possano scegliere, e non siano costretti mai a seguire una strada che non è quella che sentono.

- la secondo considerazione che ho è la seguente: le basi ed i fondamenti del cristianesimo affondano le radici nelle persecuzioni che hanno subito agli inizi della loro storia; quando essere cristiani era un reato punibile con la reclusione o la morte, non scordiamoci, passando di fronte al colosseo, le torture e la morte che i cristiani hanno dovuto soffrire, non dimentichiamoci che un tempo venivano dati in pasto alle bestie di fronte alla folla, per gioco. Ed è proprio questo retaggio che la chiesa ha perso? tanto da voler bloccar euna proposta che disincentiva la persecuzione degli omosessuali in quanto tali?

Non siete voi che vi stringevate in luoghi oscuri nascondendovi per adorare il vostro Dio? perseguitati, impauriti, timorosi di essere sorpresi a fare ciò che per la legge non andava fatto? così rinnegate ciò che eravate? così dimenticate ciò che vi ha resi uniti? ciò che vi ha resi Fratelli e sorelle?

Chi siete dunque?

Un Gay affronta il vaticano

IL FATTO:

BOLOGNA Un gay in Vaticano. Kevin J. Calegari sabato mattina ha varcato, primo omosessuale nella storia della Chiesa a farlo ufficialmente, il portone dell' ex Sant' Uffizio. Calegari, 34 anni, studente di teologia a Berkeley, è il presidente di Dignity, l' associazione che in Usa raccoglie oltre 4 mila omosessuali credenti e che la scorsa settimana ha reso pubblica la lettera del cardinale Joseph Ratzinger sull' "obbligo" di limitare i diritti civili degli omosessuali. "Ero in ferie in Europa quando il documento è uscito - racconta Calegari, ieri ospite dell' Arci-gay nazionale di Bologna - ho chiesto udienza alla Congregazione per la dottrina della fede. E' stato un incontro cortese, ma franco". Calegari è stato ricevuto da monsignor Swallina, che si è preoccupato di precisare: "Questo incontro non significa l' apertura di un dialogo". "Il vostro documento non merita la dignità di un dialogo" ha replicato Calegari che ha dato al suo interlocutore una lettera per Ratzinger. "Il vostro documento - ha scritto - non parla della carità di Cristo, ma del peggio della nostra tradizione, quella che bruciava i dissenzienti"

CONSIDERAZIONI PERSONALI:

Massima stima per quell'uomo.

Fatti un tumore, con Radio Vaticana

I FATTI:
(Articolo preso da La Repubblica, quindi prendiamolo tutti con le molle)

CITTA' DEL VATICANO - «Dichiarazioni inaccettabili, contrarie allo spirito di negoziato» tra Italia e Santa sede. «Scomunica» vaticana per il ministro dell' Ambiente Willer Bordon, che ieri per il secondo giorno consecutivo ha detto che interromperà la fornitura elettrica alla Radio Vaticana se, entro due settimane, l' emittente non abbasserà la potenza di emissione. Contro i propositi di Bordon si schiera il portavoce pontificio Joaquin NavarroValls con un intervento a doppia lettura: di critica per le minacce del ministro e di sostanziale disponibilità verso quanto deciderà la commissione paritetica ItaliaSanta Sede istituita il settembre scorso proprio per risolvere il grave problema delle onde elettromagnetiche degli impianti installati dalla radio pontificia a Santa Maria di Galeria. Onde che, stando ad un' indagine dell' Osservatorio epidemiologico del Lazio, potrebbero essere la causa dell' aumento dei rischi di leucemia per i bambini che vivono nei centri vicini all' emittente. «La Santa Sede e la Radio Vaticana - spiega Navarro - hanno chiesto da tempo un confronto serio e approfondito sulle questioni relative a Santa Maria di Galeria. Sensibile alle preoccupazioni dell' area circostante l' emittente vaticana, la Santa Sede ha avviato col Governo italiano una commissione bilaterale, ritenendola la sede appropriata per discutere tali problemi. Essa è fiduciosa e presta tutta la sua collaborazione affinché i lavori della Commissione, iniziati il 28 settembre 2000, consentano di giungere quanto prima a formulare adeguate risposte». «Sorprende - lamenta il portavoce pontificio - che, mentre la Santa Sede da tempo ha manifestato la propria disponibilità» ad accettare soluzioni concordate «avviando innanzitutto una misurazione congiunta dei campi elettromagnetici prodotti dall' attività della Radio Vaticana in Santa Maria di Galeria, un esponente del Governo italiano diffonda dichiarazioni inaccettabili ai fini della corretta informazione dell' opinione pubblica e prospetti gravi iniziative, contrarie allo spirito del negoziato». «La Santa Sede - dice ancora Navarro - ha a cuore la salute e la serenità delle persone che vivono vicino al centro di trasmissione della Radio Vaticana». A questo proposito, contesta il «modo distorto e ingiustamente negativo» con cui è stato descritto l' atteggiamento dei responsabili della radio. Quanto ai campi elettromagnetici, Navarro ricorda che «la Radio Vaticana si è sempre orientata sulle indicazioni della Icnirp, cioè dell' autorevole commissione internazionale per la protezione dalle radiazioni non ionizzanti, e questo molto tempo prima che l' Italia si desse qualsiasi normativa in merito». Va detto che la commissione ItaliaSanta Sede dopo circa 7 mesi dall' insediamento dà l' impressione di non aver fatto granché. E forse proprio per questo, venerdì scorso il sottosegretario vaticano per i rapporti con gli Stati, monsignor Celestino Migliore, ha avuto un incontro con il ministro degli Esteri italiano, Lamberto Dini. Alla fine del colloquio, dalla Farnesina si è appreso che l' organismo paritetico dovrebbe riunirsi in tempi rapidi e, già in due settimane, potrebbe essere trovata una soluzione. Notizia commentata con «soddisfazione» da padre Federico Lombardi, direttore dei programmi dell' emittente. «Ribadiamo quindi - afferma il responsabile della radio la nostra disponibilità a procedere in modo tempestivo, e speriamo che si giunga a soluzioni soddisfacenti per tutti: popolazione, autorità italiane, Santa Sede e Radio Vaticana». Ancora padre Lombardi, annuncia che «il dimezzamento della potenza trasmessa da una delle antenne più potenti è stato già attuato in via sperimentale dal primo febbraio scorso, e che da diverse settimane i nostri tecnici erano in attesa, come concordato, delle proposte di protocolli di misurazione da parte dei tecnici dei Ministeri delle comunicazioni e dell' Ambiente». - ORAZIO LA ROCCA

CONSIDERAZIONI PERSONALI:
Si alla leucemia ed ai tumori, No all'eutanasia, a mio parere la chiesa ci vuole Vivi e Malati, non c'è altra spiegazione.

o almeno, visto che sono anni che se ne parla, non mi va di cercarne un'altra.